Monella è figlia di madre certa e padre incerto.
Viene accettata comunque dal compagno di sua madre (che era in ogni caso nella cerchia dei possibili padri), un lascivo e gaudente uomo di mezz’età che palesemente rispecchia Tinto Brass stesso.
Monella è “bistrattata” da un fidanzato vecchia maniera che vuole aspettare a consumare il matrimonio lasciando intatta la sua verginità.
Inutile dire che data la sua origine, quella di due genitori sicuramente libertini, Monella non è molto d’accordo con l’impostazione bacchettona del fidanzato (della sua età). E’ invece molto passionale ed egualmente tentata dalla fantasia di sedurre il patrigno (ricordiamolo, potenzialmente padre).
E’ indubbio l’effetto dirompente del Brass nella società italiana e affascina la sua rappresentazione della vita come una specie di perpetuo romanzo rosa dove tutto è filtrato ed ammorbidito nella sua gravità, dai piaceri della carne.
E’ attorno ad essi, infatti, che si sviluppa il cosmo del regista che utilizza la macchina da presa per “insegnarci” un mondo diverso.
Questo però non ci impedisce di notare alcune grossolanità ed alcuni particolari scene imbarazzanti nonostante l’esplorazione della realtà “parallela” del regista.
Lo scenario della bassa romagnola è assolutamente adatto alla trama, con le suggestioni godereccie pervase da un aroma di tortellini.
La recitazione è valida senza essere straordinaria. Alcuni personaggi sono volutamente caratteristici e non possono essere interpretati con una attorialità diversa (per es. il guardone), perciò su di essi sospendo il giudizio.
In generale piacevole visione, sicuramente meglio di tante altre pellicole moderne meno erotiche e con molto meno stile.