E’ una storia complicata, quella della mia passione per le avventure narrative ed ogni gioco story driven.

Desiderati e magari acquistati ma raramente giocati perchè “devo avere il tempo per godermeli”, questi titoli appartengono a quello che definisco senza dubbio alcuno il mio genere preferito nel mondo videoludico.

Credo che l’amore sia nato grazie soprattutto a tre titoli che ormai affondano nella notte dei tempi.

Il primo lo conoscono tutti (o forse no?): parlo di Monkey Island.

Un titolo storico, era una storia di amore e avventura pervasa di uno spirito giocoso e goliardico che mi appartiene molto.
Un’altra caratteristica molto in sincrono con alcuni miei tratti caratteriali era il senso dell’assurdo. Mi divertivano e mi divertono ancora le imprese che Guybrush è disposto a compiere per seguire questa logica paradossale e fuori di testa che è l’unica via per realizzare il suo unico sogno: diventare un temibile pirata.

Il secondo gioco è Indiana Jones: the fate of Atlantis.

indiana jones and the fate of atlantis screenshot

Vi dico solo che non soltanto ho giocato innumerevoli volte questo gioco scoprendone le più remote e nascoste caratteristiche, ma mi ha anche ispirato per delle ricerche sulla letteratura classica sul mito di Atlantide.

Inoltre Indiana Jones è sempre un personaggio affascinante e divertente, un classico videoludico e cinematografico che in questo titolo in particolare fa brillare per le sue caratteristiche.

Il terzo è The Colonel’s Bequest.

the colonel's bequest screenshot

Questa è un’avventura grafica estremamente impegnativa e punitiva. E’ contraddistinta da sezioni temporalmente delimitate con eventi e sequenze predeterminate a determinare il passaggio di sezione.

Se si incappa quindi in tali eventi o sequenze tutto ciò che non si è scoperto nella sezione precedente è escluso dalla sessione di gioco attuale.

Ciò introduce un meccanismo molto diverso dalle altre avventure grafiche: è difatti possibile arrivare a fine avventura ed aver scoperto il 5% del gioco.
L’obbiettivo diventa quindi arrivare alla fine (senza morire) e massimizzare le cose fattibili in ogni singolo slot temporale.

E’ un meccanismo interessante ma estremamente raro, lo potete trovare anche in The last express.

Inoltre l’atmosfera alla Dieci piccoli indiani è assolutamente affascinante e degna di nota.

Ecco quindi da dove sono venuto. E’ sottointeso che col passare del tempo la mia passione si è approfondita ed è maturata e sono arrivato dove sono oggi.

Di pari passo è nata e cresciuta la passione per il condividere tale predilezione. Da lì i vari passi portati avanti nel corso degli anni, che ho descritto nell’articolo precedente.

Spero che questo insight nelle origini di JJ vi sia piaciuto, alla prossima!